martedì 7 febbraio 2012

Psicologia: Disturbo Ossessivo-Compulsivo

La diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo prevede, utilizzando i criteri diagnostici del DSM-IV, la presenza di cinque criteri generali (A, B, C, D, E):

    A) presenza di ossessioni e/o compulsioni come descritti dai seguenti criteri:

        Ossessioni
        1) pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso del disturbo, come intrusivi o inappropriati, e che causano ansia o disagio marcati;

        2) i pensieri, gli impulsi, o le immagini non sono semplicemente eccessive preoccupazioni per i problemi della vita reale;

        3) la persona tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni;

        4) la persona riconosce che i pensieri, gli impulsi, o le immagini ossessivi sono un prodotto della propria mente (e non imposti dall'esterno);

        Compulsioni
        1) comportamenti ripetitivi (per es., lavarsi le mani, riordinare, controllare), o azioni mentali (per es., pregare, contare, ripetere parole mentalmente) che la persone si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un'ossessione, o secondo regole che devono essere applicate rigidamente.

        2) i comportamenti o le azioni mentali sono volti a prevenire o ridurre il disagio, o a prevenire alcuni eventi o situazioni temuti; comunque questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o a prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi.

    B) in qualche momento nel corso del disturbo la persona ha riconosciuto che le ossessioni o le compulsioni sono eccessive o irragionevoli (questo non si applica ai bambini).

    C) Le ossessioni o compulsioni causano disagio marcato, fanno consumare tempo (più di un'ora al giorno), o interferiscono significativamente con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo (o scolastico), o con le attività o relazioni sociali usuali.

    D) Se è presente un altro disturbo dello stesso asse (dsm-iv), il contenuto delle ossessioni o delle compulsioni non è limitato ad esso.

    E) Il disturbo non dovrebbe essere dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza o di una condizione medica generale.

    lo psicologo può utilizzare la specificazione "con scarso insight" qualora per la maggior parte del tempo, durante l'episodio attuale, la persona non riconosce che le ossessioni e compulsioni sono eccessive o irragionevoli.

Psicologia Emotocognitiva e Cura Psicologica di Riabilitazione del DOC
Caratteristiche fondamentali del disturbo ossessivo-compulsivo sono l'eccessivo tentativo di controllo, gli elevati stati d'ansia, i pensieri intrusivi, ed eventuali rituali (comportamenti o pensieri che la persona non riesce a controllare).

La maggior parte delle persone che soffrono di un disturbo ossessivo-compulsivo ritengono i propri pensieri e comportamenti assurdi; è questo il principale motivo per cui tendono a nascondergli agli altri. Rivelare il proprio problema può produrre un notevole imbarazzo. Così, come capita in molti problemi del gruppo "ansioso" anche nel disturbo ossessivo-compulsivo una delle strategie che attiviamo più spesso è quella dell'evitamento. Chi ne soffre può ridurre molte attività in cui sono necessarie relazioni sociali. Gradualmente si può addirittura arrivare ad un vero e proprio isolamento.

Incomprensione ed imbarazzo sono sentimenti tipici e frequenti come la paura di essere pazzi o di impazzire. Anche in questo caso l'imbarazzo o l'idea che il problema non possa essere risolto psicologicamente ci fa evitare anche di andare da uno psicologo professionista esperto in disturbo ossessivo-compulsivo. L'intervento psicologico invece è in grado di aiutare il paziente nella riduzione della maggior parte dei sintomi associati al disturbo.
Per il DOC la psicologia emotocognitiva ha messo a punto degli interventi di pura riabilitazione psicologica, quindi senza farmaci e senza psicoterapia, tesi alla riduzione dei comportamenti ossessivi e rituali quindi recuperando quelle funzioni e abilità che risultano compromesse nella persona tale da impedire un normale ed auspicabile svolgimento della vita quotidiana.
La riabilitazione psicologica secondo le linee guida della psicologia emotocognitiva si base su metodologie psicoeducative tese a scardinare quelle convinzioni errate sul funzionamento psicofisiologico dell'organismo che, per la teoria emotocognitiva, sono alla base del mantenimento del "loop disfunzionale" (Baranello, 2006), un circuito chiuso per il quale si sperimenta che ogni tentativo messo in atto dalla persona per risolvere il problema in realtà sembra mantenerlo e peggiorarlo. L'obiettivo della riabilitazione psicologica è quindi scardinare tale loop e ripristinare un normale funzionamento psicologio. Nel paziente con ossessioni e compulsioni esistono dei comportamenti sia propri, sia delle persone che stanno intorno alla persona che ne soffre, che, quindi altro non fanno che alimentare il problema nonostante le migliore intensioni di risolverlo! Ogni tentativo di controllo sul sintomo ossessivo o compulsivo drasticamente non funziona facendo sprofondare il paziente verso una percezione di sé e del mondo tendenzialmente depressiva o pessimista. La sensazione di impotenza, di incapacità a farcela sono all'ordine del giorno.
I sintomi possono essere oggi risolti con interventi di riabilitazione piuttosto brevi, mirati all'armonizzazione dei processi di organizzazione psicologica e allo sblocco del loop disfunzionale. La durata dell'intervento è piuttosto variabile e dipende da quanto il problema sia aggravato da altre condizioni e soprattutto da quanto il paziente abbia compliance al trattamento riabilitativo. Mediamente i tempi per la remissione delle principali abilità compromesse si aggirano sulle 10 sedute più un processo di mantenimento. Le sedute, secondo l'approccio emotocognitivo, non vengono svolte a cadenza fissa, non esiste un setting fisso quindi, ma sono a frequenza variabile in relazione della risposta del soggetto al trattamento psicologico riabilitativo.
Attraverso quindi strumenti sanitari come il colloquio psicologico, utilizzando metodologie psicoeducative è possibile oggi perseguire in modo proficuo gli obiettivi di riabilitazione. L'orientamento di psicologia emotocognitiva fornisce quindi agli strumenti sanitari a disposizione dello psicologo la possibilità di essere organizzati in modo sempre più proficuo per la riabilitazione psicologica del paziente con diagnosi di disturbo ossessivo-compulsivo, quindi come è evidente senza uso di psicofarmaci e senza psicoterapia. L'intervento psicologico secondo l'orientamento di psicologia emotocognitiva è focalizzato realmente sul qui-e-ora, non indaga il passato né presunte quanto arbitrarie cause inconsce, non focalizza l'attenzione né sulle relazioni né su ipotetiche strutture di personalità ma è esclusivamente orientato sui processi psicofisiologici che, nel momento attuale, sono alla base del mantenimento del problema e che se perpetuati potrebbero aggravarlo; è quindi un trattamento basato sul presente ed orientato al futuro. Secondo le scoperte del Dott. Marco Baranello alla base di ogni disturbo psicologico ci sarebbe sempre una stessa causa che è contingente con la manifestazione sintomatologica e che quindi agisce esclusivamente nel qui-e-ora dei processi organizzativi psicofisiologici indipendentemente dai contenuti simbolici. L'attenzione è infatti rivolta al processo organizzativo anziché al contenuto.
Per Baranello, infatti, l'attenzione al contenuto simbolico tipico della psicoterapia, da cui la teoria emotocognitiva prende nettamente le distanze, tenderebbe ad alimentare il pensiero sul pensiero ovvero il pensiero ossessivo di conseguenza cronicizzando il disturbo anziché risolverne i sintomi e riabilitare la persona, così, spesso, anche gli psicofarmaci entrano a far parte del "loop disfunzionale" e la persona si trova a sperimentare la sensazione che, nonostante gli psicofarmaci non stiano risolvendo il disturbo, la loro sospensione potrebbe aggravarlo, instaurando così un circuito chiuso di dipendenza psicologica dal farmaco, anche in assenza di evidenze in termini di remissione reale dei sintomi e del disturbo. Quando il farmaco funziona deve poter permettere al paziente di farne a meno in quanto l'obiettivo dovrebbe essere un ripristino delle normali funzioni del soggetto. Allo stesso modo gli interventi psicologici devono poter produrre effetti evidenti di riabilitazione e non dare la sensazione di dover dipendere da un professionista della salute. La cura della persona non è soltanto una procedura è soprattutto una finalità, l'obiettivo di ogni intervento sanitario.
In alcuni ambienti, è necessario ricordarlo, quando il contenuto delle "ossessioni" può sembrare delirante o bizzarro, il problema venga associato a disturbi di altra natura come i disturbi di area "psicotica" o a disturbi schizotipici. Il clinico non dovrà lasciarsi "ingannare" dal contenuto delle ossessioni, cosa su cui la psicologia emotocognitiva non focalizza mai la propria attenzione, ma dal processo organizzativo. La paura per il contenuto del pensiero da parte del paziente è un indice che può orientare verso una diagnosi ossessivo-compulsiva anziché verso diagnosi di area psicotica. Questo è importante ed il clinico esperto non può tenere conto del contenuto del pensiero su cui fin troppo è focalizzata già l'attenzione del paziente.
Massimo Castellina

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